Nell’ambito della Chirurgia Protesica l’utilizzo di tessuto osseo da donatore è una pratica molto diffusa, in particolare durante le revisioni. La chirurgia di revisione di una protesi articolare presenta diverse difficoltà, legate in gran parte alla progressiva perdita di tessuto osseo che chirurgie ripetute producono. I deficit di sostanza ossea sono un problema estremamente comune e di primaria importanza poiché vanno ad incidere sulla qualità della fissazione ossea, un parametro fondamentale per il successo di una protesi ed uno dei principali motivi che possono portarne al fallimento. Quando una protesi va incontro a mobilizzazione, le stesse particelle prodotte dall’usura portano anche al riassorbimento (“lisi”) dell'osso circostante la protesi. Queste lacune di tessuto osseo richiedono l’impiego di impianti protesici specifici per la revisione, generalmente più “grandi” e con la possibilità di aumentarne la fissazione.
L’impiego di tessuto osseo omologo è in questo contesto spesso fondamentale per colmare le lacune di tessuto osseo, favorendo la fissazione primaria e l’integrazione del nuovo impianto, ed aumentandone così la probabilità di successo. Gli innesti omologhi più frequentemente utilizzati in Chirurgia Protesica sono preparati a base di osso morcellizzato, ed epifisi femorali che possono venire “plasmate” direttamente dal chirurgo in sala operatoria secondo necessità. Infine l’impiego di stecche ossee consente, nei casi di fratture periprotesiche, di rinforzare l’osso danneggiato che spesso si trova in una condizione di intrinseca debolezza. Questo garantisce una più salda fissazione dei mezzi di sintesi utilizzati per stabilizzare queste fratture.
Nei casi di osteonecrosi e in alcune pseudoartrosi, come innesto riempitivo può essere richiesto l’osso liofilizzato o demineralizzato in chips, oppure la pasta d’osso osteoinduttiva (Db-Graft, Db-Graft-T, o I-Graft-C). L’osso liofilizzato, che deve essere reidratato prima dell’uso, può essere preparato in sede operatoria aggiungendo materiale autologo come il concentrato midollare o piastrinico (PRP o PRF).
In caso di severi difetti ossei femorali che possono verificarsi nella chirurgia di revisione e in ambito oncologico, è possibile ricorrere alle protesi composite. Ad esempio, nel caso di un interessamento del femore prossimale, questo viene asportato interamente e il difetto viene colmato con un innesto massivo omologo in cui viene inserito e cementato lo stelo protesico (vedi immagine seguente). Il vantaggio di questa tecnica è di poter customizzare l’innesto a seconda del difetto osseo preservando le inserzioni muscolari, su cui verranno poi suturati i muscoli del ricevente; in questo modo viene preservata la biomeccanica articolare e la forza muscolare.